Piccoli e grandi: tutti accomunati dal solito vizio fastidioso quanto difficile da eliminare. L’onicofagia, meglio conosciuta come l’abitudine di mangiarsi le unghie non risparmia la gran parte delle persone soprattutto in giovane età, con un picco nell’adolescenza. Molte volte superate queste fasi il problema resta e, di solito, ha radici nemmeno troppo celate che fanno riferimento alla psicologia della persona. E’ stato calcolato che soltanto nel Belpaese almeno 5 su 100 siano coloro che non riescono a fare a meno di “sistemare le proprie mani” con i denti. Un passatempo francamente non bellissimo a vedersi ma anche nocivo per la salute.
L’età in cui spesso si inizia è intorno ai sei anni con una maggioranza di ragazzi che si abituano a mangiare le unghie tra i nove e addirittura la maggiore età. Questo, in effetti, è il periodo in cui uno su dieci non riesce a liberarsi da un disturbo che può proseguire negli anni. Quasi sempre quello che scatta nella mente dei protagonisti può essere vario, dalla gelosia nei confronti dei fratelli alla tensione tra i genitori, alla mancanza di autostima all’ansia. Sfogare questo tipo di stress diventa difficile e automaticamente si pone nella condizione di “agnello sacrificale”, in una sorta di autolesionismo quasi inconscio.
I genitori, ancora una volta, giocano un ruolo in primo piano nell’educazione e anche nel far stare bene il bambino. Ci sono, inoltre, ancora oggi tante credenze popolari che possono traumatizzare, piuttosto che aiutare. Un esempio su tutti è quello di mettere il peperoncino sulle unghie, che è un trattamento al limite del sadismo. Si può provare, poi, con gli smalti amari o cercando di capire cosa mette nervosismo nel ragazzo. Qualche volta, infine, in età più adulta, può aiutare recarsi da un estetica e farsi ricostruire le unghie per qualche tempo. Dopo essersi abituate a vivere con delle mani molto curate, potrebbe essere noioso ricominciare a rovinarsele.