In questi tempi di crisi un licenziamento può causare veramente grandissimi problemi, in una famiglia. Ma non sempre si tratta di un atto legittimo a cui il lavoratore non può opporsi. L’importante è eseguire tutte le procedure necessarie, con l’ausilio di un legale, al fine di impugnare il licenziamento davanti all’autorità giudiziaria. Ecco come fare?
L’impugnazione del licenziamento va fatta entro 180 giorni, come previsto dal comma 38 dell’articolo 1 della riforma Fornero. Ma si tratta di un termine perentorio che vale solo per i licenziamenti effettuati dopo l’entrata in vigore della riforma, quindi dopo il 18 luglio 2012.
In seguito alla presentazione dell’impugnazione, il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti entro e non oltre 40 giorni dal deposito del ricorso: decreto e ricorso andranno quindi notificati alla controparte, anche via pec, entro un termine stabilito dal giudice, e il datore di lavoro si potrà costituire in udienza entro e non oltre cinque giorni dal giorno della stessa.
Durante l’udienza il comma 49 dell’art.1 della legge stabilisce che il giudice della prima esperire un tentativo di conciliazione, dopo aver sentito le parti, e che quindi se tale tentativo non va a buon fine, debba procedere nel modo che ritiene più opportuno. Può ad esempio decidere di ascoltare dei testimoni o di acquisire dei documenti.
Infine provvede con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda: anche la sentenza che viene emessa è immediatamente esecutiva, un particolare da non trascurare nel caso in cui al lavoratore sia stato riconosciuto ad esempio un risarcimento danni.
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